Le Miniature. Cenni storici

Capolettera sintetica,abitata e campita. miniatore di pennello.
LA MINIATURA

La miniatura è l'immagine realizzata per decorare le lettere iniziali dei capitoli in un manoscritto, tradizionalmente di colore rosso. Il termine deriva verosimilmente dal latino minium, un particolare minerale dal quale si ricavava il colore rosso.
La miniatura è il colore applicato al capolettera dai miniatore di pennello, all'inizio del capitolo o del paragrafo.
La miniatura vera e propria infatti si basa su pigmenti propri e quasi sempre le figure professionali di chi scriveva il testo e di chi lo miniava erano completamente separate. A seconda dell' importanza della lettera da miniare, erano distinti gli artisti anche fra chi le dipingeva e chi le filigranava
(Miniatore di pennello e Miniatore di penna).


capolettera filigranat. miniatore di penna.

TIPI

A seconda della posizione della miniatura sulla pagina si può adoperare la seguente terminologia:
Scene illustrate
Pagine intere
Inserita tra due paragrafi o capitoli
In margine al testo
Composizioni decorative
Fasce laterali
Cartigli (ornamenti a forma di pergamena con le estremità arrotolate, destinati ad accogliere un'iscrizione)
Frontespizi (composizioni che si trovano sulla prima pagina di un libro)
Fine riga (motivi più o meno allungati, della stessa altezza delle lettere, destinati a riempire lo spazio lasciato vuoto sulla destra, per completare una riga)
Segni di paragrafo (quando il testo è ininterrotto, si pone un motivo dipinto di separazione, piuttosto semplice e stereotipato, fra due paragrafi o due versetti del testo originale)
Grottesche (ai margini, nelle intestazioni e nei piè di pagina dei manoscritti tardo-gotici, tra intrecci vegetali o creature di sogno, talvolta meno mostruose e comiche. Il termine deriva dalle immagini scoperte a partire dal secolo XV nelle grotte della Domus Aurea a Roma)
Iniziali
Lettere semplici (il loro studio si divide tra estetica e paleografia)
Lettere campite (per lo più dorate, su uno sfondo colorato, che risaltano motivi stereotipati)
Lettere abitate (lettere maiuscole a cui si intrecciano piante, animali e perfino personaggi, anche se non si tratta di scene propriamente dette)
Lettere sintetiche (è il decoro che disegna la lettera).
Lettere istoriate (scene narrative rappresentate negli spazi liberi della lettera)
Segni vari (non sono miniature propriamente dette, ma hanno un valore estetico che merita un posto a sé)
Segni delle impaginazioni
Si trovano inoltre le bozze incomplete della miniatura da realizzare, tratteggiate con inchiostro pallido o, a partire dal XIII secolo, con grafite e destinate al pittore.

pagina intera con composizione decorativa e  segno di impaginazione, con scena illustrata,  segno di paragrafo, capolettera campito e grottesca.

 MANOSCRITTI MINIATI

I primi manoscritti miniati risalgono al periodo 400-600, inizialmente prodotti in Italia e nell'Impero Romano d'Oriente. L'importanza di tali opere non risiede solo nel loro intrinseco valore storico e artistico, ma nel mantenimento di un legame di alfabetizzazione offerto dai testi non illustrati. Se non fosse stato per i monaci amanuensi della tarda antichità, la maggior parte della letteratura della Grecia e di Roma sarebbe andata persa in Europa. L'illustrazione dei manoscritti, era un modo di porre in evidenza documenti antichi, aiutando la loro conservazione e il valore informativo in un'epoca in cui le nuove classi dirigenti non sapevano più leggere ne scrivere.

La maggior parte dei manoscritti superstiti risalgono al Medioevo, anche se molti codici miniati risalgono al Rinascimento, insieme a un numero molto limitato della tarda antichità. La maggior parte di questi manoscritti sono di natura religiosa. Tuttavia, soprattutto a partire dal XIII secolo, vennero illustrati un numero sempre crescente di testi profani. La maggior parte dei manoscritti miniati sono stati creati come codici, che sostituirono i rotoli di pergamena. Pochissimi frammenti di manoscritti miniati su papiro sono giunti a noi, poiché questo supporto non ha la resistenza della pergamena. La maggior parte dei manoscritti medievali, illustrati e non, sono stati scritti su pergamena (più comunemente di pelle di vitello, di pecora o di capra), ma la maggior parte dei manoscritti importanti sono stati scritti sulla miglior qualità di pergamena, chiamata "vellum".

A partire dal tardo Medioevo i manoscritti cominciarono ad essere prodotti su carta.[1] I primi libri stampati, a volte venivano prodotti con spazi liberi lasciati in bianco per consentire l'inserimento di miniature, o avevano capolettera miniati o decorazioni a margine, ma l'introduzione della stampa portò rapidamente al declino dell'illustrazione. Manoscritti miniati continuarono ad essere prodotti fino agli inizi del XVI secolo, ma in piccole quantità, soprattutto per i più ricchi.

I manoscritti sono tra gli elementi più comuni pervenutici dal Medioevo e molte migliaia di essi sono giunti ai nostri giorni. Sono anche i migliori esemplari superstiti della pittura medievale, e i meglio conservati. In effetti, per molte aree e periodi, sono gli unici esempi superstiti di pittura di quel periodo.
I primi manoscritti miniati sono i documenti dell'Antico Egitto, costituiti dai papiri, sotto forma di rotoli. Non sono rimaste che poche testimonianze sull'antica decorazione dei papiri in età greco-romana, che avevano la forma di rotuli e poiché andavano svolti a poco a poco, le illustrazioni non erano altro che piccole vignette o figurette che interrompevano le colonne del testo.

 Un manoscritto miniato è un manoscritto il cui testo è completato dall'aggiunta di decorazioni, come ad esempio capolettera, bordi (marginalia) e inserimento di figure. Nella definizione più stretta del termine, manoscritto miniato si riferisce solo ai manoscritti decorati con oro o argento, ma sia nell'uso comune che nella terminologia adottata dagli studiosi moderni, il termine viene utilizzato per riferirsi a qualsiasi manoscritto illustrato delle tradizioni occidentali. Manufatti similari dell'Estremo Oriente sono sempre descritti come dipinti, così come le opere mesoamericane. I manoscritti islamici possono essere indicati come miniati, illustrati o dipinti, pur essendo essenzialmente realizzati con le stesse tecniche delle opere occidentali.

 AMANUENSE E MINIATORE

Amanuense e miniatore erano spesso due figure distinte, anche se quasi sempre, soprattutto nell'alto medioevo, appartenenti alla medesima comunità religiosa e quindi di analoga formazione e cultura figurativa. Prima della diffusione della stampa, l'amanuense o il copista, era la figura professionale di chi, per mestiere, ricopiava manoscritti a servizio di privati o del pubblico.La parola amanuense deriva dal latino servus a manu, che era il termine con il quale i romani definivano gli scribi. Nell'antichità classica la professione di amanuense era esercitata dagli schiavi.
Dopo la diffusione del Cristianesimo fu coltivata soprattutto in centri religiosi (in particolar modo le abbazie dei Benedettini) e nel XIII secolo si sviluppò una vera e propria industria di professionisti. Il Cristianesimo portò a una perdita di interesse verso la realtà percepita dai sensi e si sviluppò uno stile figurativo dove ogni elemento acquista valore solo in quanto metafora del mondo trascendente. Si sviluppò una relazione stretta tra testo e immagini, con iniziali figurate (da figure umane o animali) e istoriate (con piccole scene o decori vegetali), bordi decorati, monogrammi a piena pagina per le prime lettere del testo, tavole di canoni, immagini didattiche e mnemoniche.
Con l'avvento del XV secolo, sotto l'influenza del Tardo gotico e del Rinascimento, la miniatura ricevette una spinta artistica che la ripropose sulla ribalta continentale. Grandi committenti erano ormai anche le corti e personaggi del mondo laico, che richiedevano opere di qualità estrema.

Con l'introduzione e il diffondersi della stampa la miniatura continuò per lungo tempo ad essere presente[5], anche se cominciò gradualmente a perdere d'importanza proprio all'aumentare della disponibilità di libri, diventando un aspetto sempre più marginale, certamente per via del costo aggiuntivo della decorazione manuale.

 TESTI TECNICI ANTICHI

Il De arte illuminandi è un ricettario tecnico in latino, di autore anonimo composto nel XIV secolo, che descrive dettagliatamente le tecniche e i segreti del mestiere della miniatura. È la prima opera legata al sapere artistico in Europa con scopi didattici che raccolga i dati e le indicazioni del mondo degli esperti per apprendisti: per la prima volta si cerca di trattare in maniera ordinata, sistematica e chiara tutto il sapere legato alla miniatura.Se ne conserva una copia, incompleta, presso la Biblioteca Nazionale di Napoli (manoscritto XII.E.27). In questi ultimi anni è stato ritrovato un nuovo esemplare, corredato di un titolo (Libellus ad faciendum colores dandos in carta), presso l'Archivio di Stato dell'Aquila (manoscritto S 57)
"De arte illuminandi" e altri trattati sulla tecnica della miniatura medievale, a cura di Franco Brunello, Neri Pozza Editore, Vicenza 1975, riedito nel 1992. ISBN 88-7305-390-4


Il De Clarea è un breve trattato di un autore anonimo bernese, scritto in latino nella seconda metà dell'XI secolo (presumibilmente).
Esso tratta esclusivamente di miniatura ed è uno dei più antichi testi pervenutoci che descriva i procedimenti tecnici per questa forma di arte.È il primo esempio nell'arte europea di un trattato su un settore specifico delle arti. Vi viene posto l'accento sull'originalità dell'artista, riferito però alla sua missione di glorificazione divina, verso il cui compito l'ingegno umano è incapace. Tra le fonti dell'autore è stato indicato il ricettario Eraclio[1].
Adriano Caffaro, De clarea. Manuale medievale di tecnica della miniatura (secolo XI), Edizioni Arci Postiglione, Salerno 2004, pp. 104.




 LO SCRIPTORIUM

Lo scriptorium (parola latina che deriva dal verbo scribere, "scrivere", con l'aggiunta del suffisso neutro singolare orium che indica gli aggettivi di luogo), o centro scrittorio, è, nel linguaggio della paleografia e codicologia, il luogo dove si scrive, e per estensione ogni luogo dove era effettuata l'attività di copiatura da parte di amanuensi, soprattutto nel Medioevo.

Nella terminologia corrente si intende di solito per scriptorium una porzione di un complesso monastico (giacché nel Medioevo era nei monasteri, più che altrove, che l'attività di scrittura veniva praticata), dedicata alla copiatura dei manoscritti e spesso comunicante con la biblioteca; tali ambienti ebbero grande importanza culturale sia per l'azione di salvaguardia della cultura greca e latina, sia perché costituirono essi stessi centri di pensiero e sviluppo culturale.Questi monaci vivevano molte ore della giornata  in questa particolare stanza presente in alcune strutture religiose, in posizione tale da catturare più luce possibile, utile durante il processo di copiatura degli antichi codici) e a coloro che svolgevano questo lavoro era permesso di saltare alcune ore canoniche di preghiera.
Lo scriptorium era una vasta sala illuminata da numerose finestre. I monaci lavoravano vicino ai punti più adatti a ricevere la luce. Gli strumenti di lavoro erano penne, inchiostro e temperini, righelli, punteruoli (per praticare minuscoli fori, utilizzati come riferimenti per tracciare linee dritte sul foglio) e, infine, il leggio; il lavoro di miniatura necessitava di altri utensili e materiali specifici. Tutto il materiale era fornito dall'armarius (il bibliotecario del monastero), vero regista dell'operazione di copiatura. L'armarius poteva avere anche altri incarichi.[3] In una stessa stanza potevano lavorare fino a trenta amanuensi.
 Meno ovvia è invece la partecipazione di miniatori/pittori alle attività di scrittura. La miniatura era infatti eseguita separatamente dopo la redazione del testo (ma prima della legatura del libro) spesso in altri ambienti e a distanza di tempo (anche qualche mese).
Gli scriptoria nacquero in ambito monastico per continuare la trasmissione del sapere. Uno dei primi centri scrittori di cui si abbia memoria fu quello fondato da Cassiodoro in Calabria alla metà del VI secolo. Questa attività non sopravvisse tuttavia alla crisi economico-istituzionale che attraversò l'Europa nel VII-VIII secolo.La regola monastica di san Benedetto da Norcia specifica le varie mansioni e attività dei monaci, tra le quali quella della scrittura.
All'interno dell'abbazia di Montecassino, fondata nel 529, funzionò uno scriptorium attivo fino al XV secolo. Con il rilassarsi della regola benedettina anche la posizione e la struttura degli scriptoria nei monasteri cambiò: da spazi concepiti come semplici stanze coperte furono sempre più protetti e riscaldati. In reazione a questo rilassamento a Citeaux (Cistercium) Bernardo di Chiaravalle impartì disposizioni più severe, che giunsero a riguardare le decorazioni dei manoscritti. Un'ordinanza dell'inizio del XII secolo impone che nei libri vi fossero literae unius coloris et non depictae (lettere di un solo colore e non decorate).Il modus vivendi dell'ordine certosino prescriveva il lavoro nella solitudine della cella. Anche i monaci certosini quindi si dedicarono all'attività di copiatura.
(Estratti da wiki pedia con alcune precisazioni aggiunte dall' approfondimento del libro codici liturgici miniati dei benedettini in toscana.)